27 feb 2013

STORIA DELLO STATO DI CACANIA


photo by pierperrone


Quando l'ultimo elettore mise la sua pallina nell'urna il silenzio si fece pesante.
Tutta la seduta si era svolta in un clima di grande tensione, come accade sempre quando si scrive una pagina di storia. 
La fatica di vivere momenti come quelli scava i volti, serra i denti sotto le mascelle che si fanno dure come pietre, i sorrisi si affilano come coltelli, le risate, quando non si possono proprio trattenere, fanno il rumore che fanno le bombe.
Il più esplosivo è il silenzio, però.
E' deflagrato quando l'ultimo voto è stato inserito nell'urna.

L'esito di quella votazione parlamentare è stato a suo modo una svolta, nella storia di quella nazione.
Il governo non riuscì ad essere formato.
Le grisaglie dei parlamentari, sudate per la palpabile emozione che aveva animato quei corpi grassi e poco avvezzi all'azione ed alle grandi decisioni, all'improvviso, dopo che la voce dello speaker cessò di rimbombare per le volte delle sale del grande palazzo pubblico, gelarono.
I volti si fecero di pietra.
Cerei, gli occhi si sgranarono in sguardi perduti.
Le mani si contorsero in gesti di rappresa disperazione.
Il destino ora, era stato appena proclamato, si doveva compiere fino in fondo.
Il Paese non aveva un nuovo governo.
E con quella mancata formazione, con quella deliberazione funesta, veniva a compiersi la condizione prevista  dalla legge di dissoluzione nazionale approvata, come ultimo atto, dal governo appena scaduto, l'ultimo governo in carica nel Parlamento dello Stato di Cacania.

Le piazze oggi sono ancora piene dei resti delle manifestazioni di giubilo che seguirono alla votazione di cui abbiamo appena parlato.
Bandiere stracciate, aste spezzate, insegne del potere bruciate, dove una volta c'erano statue inneggianti al potere, ora ci sono macerie, forme metalliche ammaccate e mozze, pietrame informe.
La furia del popolo delle cavallette che aveva invaso le piazze della capitale di Cacania aveva distrutto tutto.
Automezzi militari fumanti erano accartocciati al fianco di autovetture abbandonate in balia della furia distruttrice.
I portoni dei palazzi governativi erano sfondati.
Il colore fuliginoso degli incendi aveva coperto le pareti prima candide e ben dipinte.
Le strade ora erano deserte, come se un pifferaio magico le avesse disinfestate da quella massa animalesca che aveva divorato tutti i segni della civiltà che pure aveva dato ampio lustro internazionale allo Stato di Cacania.
Nè un uomo, nè una donna, per strada.
Non un canto di usignolo, non un volo di colombe.
Non la voce di un bimbo, nè la malinconia di un passante.

Il voto era stato preceduto da alcune giornate di trattative convulse.
Il vecchio premier, un anziano professore che aveva dovuto prendere a reggere le sorti del paese a causa di alcuni scandali che avevano falcidiato la classe politica al potere eletta dal popolo di Cacania secondo i sacri riti della democrazia allora in vigore, non aveva retto alla fatica.
O forse si era reco conto che non c'era più niente da fare.
Era restato solo a reggere il governo, dopo che i suoi ministri, uno ad uno, avevano preferito rassegnare le loro irrevocabili - così le avevano definite - dimissioni.
Più che dimissioni quelle erano una fuga vera e propria, dopo che alcuni sottosegretari erano stati trovati morti e quelle morti, in tutti i casi, erano già sei o sette, erano state provocate secondo misteriosi cerimoniali di tortura, solo così si possono definire quegli scempi su miseri corpi umani, che erano stati così efferati che persino nei rapporti delle polizie criminali si era dovuto ricorrere agli omissis e comunque quei rapporti, per debita prudenza, erano stati segretati per non essere resi pubblici neanche in forma incompleta.
Quando il primo ministro si rese conto di essere rimasto solo, l'ultimo, la vittima predestinata, l'agnello sacrificale, il capro espiatorio, compose il testo di quella strana legge bifronte.

"Con i poteri straordinari dell'amministrazione di fatto del potere politico dello Stato di Cacania, che mi sono stati conferiti dalla speciale situazione di tragedia in cui è venuto a trovarsi il Paese in queste ore, io, presidente del consiglio dello Stato di Cacania, promulgo l'ultima legge del Parlamento.
I deputati eletti a suffragio universale ed i senatori a vita cui la carica è stata conferita sena potere di dimissioni, sono chiamati, entro tre giorni da oggi, ad esprimersi sulla seguente alternativa.
Con voto segreto da esprimere con il ricorso al metodo della palline bianche o nere, sarà presa la decisione di nominare - oppure di non nominare - un nuovo governo.
Se le palline di colore nero che saranno depositate nell'urna saranno in numero superiore a quelle bianche, gli elettori avranno deciso che lo Stato di Cacania non avrà più un nuovo governo a rappresentarlo di fronte al Polo.
Se le palline nere saranno in numero superiore a quelle di colore bianco, lo Stato di Cacania si scioglierà definitivamente ed ogni vincolo sociale ed ogni situazione di diritto sarà sciolto per sempre senza più alcuna possibilità di ricostituzione.
Se gli abitanti dell'attuale Stato di Cacania volessero decidere di costituirsi nuovamente in uno Stato sovrano dovranno procedere alla indizione di apposite assemblee popolari che si daranno apposite e specifiche regole di funzionamento, finalizzate al miglio funzionamento in vista dello scopo prefissato.
In ogni caso, il nome di Cacania verrà cancellato dagli archivi ed albi pubblici del disciolto Stato, affinchè non resti a memoria detto nome.
Resta deciso che il nome di Cacania non potrà più essere usato per la denominazione di un altro Sato dopo la predetta cancellazione.
Visto, firmato e sottoscritto
Il presidente del consiglio dello Stato di Cacania".

L'ultima pallina nera, cadendo nell'urna, fece rumore.
Come un detonatore, aveva innescato il rombo del silenzio che si precipito sull'Assemblea che aveva, ancora inconsapevolmente, dato che il risultato non era ancora stato promulgato, deciso di non nominare un nuovo governo.
La voce dello speaker era stata querula, quando aveva letto il risultato.
Nei bagni, un onorevole si era impiccato.
Nelle sue mani aveva ancora una copia dell'ultima legge del presidente del consiglio, su cui aveva aveva scarabocchiato qualcosa di incomprensibile vergato con una calligrafia tremolante ed incerta.
Nelle sue tasche fu trovata dal personale di servizio e dalla polizia una fotografia di una ragazza nuda con un numero di cellulare, nei cassetti della sua scrivania nello studio a lui destinato nel grande palazzo del Parlamento furono rinvenute alcune riviste politiche, un giornale di annunci aperto alla pagina delle offerte di massaggi ed una serie di lettere commendatizie.
Il fuggi fuggi fu immediato, quando la voce del ritrovamento del corpo si sparse per i corridoi.
Non rimase nessuno.
Solo il presidente del consiglio, dopo che ebbe licenziato lo speaker rimasto ammutolito.

L'ultimo uomo di Stato, l'ultimo rappresentante ufficiale dello Stato di Cacania, cominciò, con lentezza esasperante, a spogliarsi degli abiti di scena, uno ad uno.
Mentre cerava di ripiegarli ordinatamente, un movimento maldestro fece rovesciare la piccola piramide che andava formandosi sul piano della stretta sedia di servizio.
Nudo, andò dinanzi alla telecamera che aveva ripreso quell'ultima decisiva riunione parlamentare che, ora, alla fine, andava trasformandosi in un mesto funerale di Stato.
Il funerale dello Stato di Cacania.
Naturalmente.
Una volta che fu completamente nudo, l'ex primo ministro cominciò ad allontanarsi cercando l'uscita in fondo al lungo corridoio.
Quando la trovò, dopo un breve pellegrinare, varcò con indecisione la soglia.
Gettò uno sguardo fugace verso l'interno.
Poi si voltò e si offri, così, nudo, alla folla che si accalcava nella grande piazza.
Non si sa se fu per la sorpresa, oppure perchè non fu riconosciuto, privo delle insegne del potere, o se fu per il ribrezzo che provocava il corpo nudo di un povero vecchio , ma potrebbe anche essere stato uno strano ed imprevedibile sentimento di pietà, ma questo è più improbabile, perchè si sa, una folla non prova pietà, semmai ferocemente, prova eccitazione e rabbia, comunque sia, saranno i posteri a deciderlo, quella gran massa di belve fameliche ed assetate di sangue si aprì in due grandi ali che non potevano volare.
Fu come si Mar Rosso fosse tornato ad aprirsi.
Ma un mare di uomini urlanti, i cui marosi sono più distruttivi dei morsi delle onde tempestose del Mar Rosso infuriato.
Il vecchio corpo nudo l'attraversò con una specie di fierezza incomprensibile.
Il silenzio si fece di pietra.
Il cielo si abbassò come per vedere meglio.

Il corpo dell'ex primo ministro, dell'ultimo capo di governo dello Stato di Cacania non fu mai più ritrovato.
Nessun rapporto fu più steso.
Le guardie di confine avevano abbandonato le divise nei posti di frontiera, nessuno più avrebbe controllato se clandestinamente un uomo nudo avesse lasciato un paese che non esisteva neanche più.
In un batter d'occhio, dopo la furia devastatrice del mare che sradicò qualunque forma di civiltà preesistente, la grande piana dove sorgeva lo Stato di Cacania tornò ad essere una vasta pianura desertica.
La  natura molto presto, felice, venne a prendere possesso degli ultimi relitti di una civiltà che aveva deciso di abdicare a se stessa.
Nessun uomo mai più percorse i viali che una volta erano stati alberati.
Le lunghe tracce diritte delle strade furono ben presto sentieri che nessuno più avrebbe percorso.
Solo qualche vecchio animale venne a morire in queste latitudini desolate, forse senza neanche sapere perchè nè che cos'era la morte.
Io sono venuto a sapere della storia dello Stato di Cacania attraverso antiche leggende udite nel villaggio e che narrano di una specie di Atlantide nascosta sotto la polvere di un deserto lontano.
Resta solo una mappa metallica, misteriosa e incomprensibile.
Alcuni dicono sia stata vergata di proprio pugno dal vecchio primo ministro dello Stato di Cacania.
Per altri, invece, era il frutto di un'interpretazione basata sui ricordi di qualcuno degli antichi abitanti di Cacania che aveva udito con le proprie orecchie l'ultimo annuncio dello speaker parlamentare svanito poi nel nulla.

2 commenti:

  1. Strani pensieri nascono in questi giorni e si evolvono, possono evolversi in storie come questa, carica di presente, di presagi, di visioni forse surreali e forse no. E' indubbio che in questo tuo scritto ci sia il presente. Ma non so bene come interpretare il tutto. Se come un timore, una paura,una sensazione a pelle o una utopistica speranza...
    Un abbraccio.

    RispondiElimina
  2. Una storia è una storia (o, una fiaba è una fiaba).
    Questi nostri giorni sono una storia, sono i nostri giorni.
    Il presente, questo presente, questa storia,l'oggi mi sembra deforme, come se lo guardassi da uno specchio da luna park...
    Ciò che dovrebbe avere un aspetto o una consistenza del tutto peculiare invece lo vediamo riflesso nella realtà in modo del tutto distorto, contrario ad ogni buon senso, lontano, distante da ciò che la coscienza ci suggerirebbe...
    E' come un paradosso che si avvera, e forse è anche peggio...
    Questa storia si deforma da sola.
    Racconta un momento come questo.
    Diverso eppure uguale.
    Finto ma vero come finto ma vero è questo nostro presente...

    Ma dimmi un pò, amica mia, non sarebbe meglio che fosse vera questa storia, piuttosto che quella che stiamo vivendo in questi giorni?
    Forse il dolore (in questo caso dolore civile) non si attenua dopo la morte?
    Ecco, allora meglio una storia che racconta un'eutanasia involontaria piuttosto che la lenta sofferenza della realtà di questi giorni...
    Non sarebbe preferibile che la nostra storia nazionale finisse dimenticata, piuttosto che venirci ricordata ogni momento insieme a tutto il suo dolore?

    Poi, il tutto resta un racconto, qualcosa che viaggia nel mondo delle fiabe, che si inabissa nel mare della fantasia e ne esce come un fantastico sottomarino...

    Un abbraccio, Pat,
    Piero

    RispondiElimina

I commenti sono graditi